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Quando l’eccellenza del Made in Italy è da esportazione. Il percorso vincente del Gruppo Lunelli

Matteo Lunelli, CEO di Gruppo Lunelli

Continua ricerca della qualità, legame indissolubile con il territorio, eleganza: questi i valori che la famiglia Lunelli ha scelto di sposare a partire dagli anni '80. Ne abbiamo parlato con Matteo Lunelli, CEO dell'azienda eccellenza del settore beverage italiano.

Continua ricerca della qualità, legame indissolubile con il territorio, eleganza: questi i valori che la famiglia Lunelli ha scelto di affiancare, a partire dagli anni ’80, al marchio di bollicine Ferrari Trento per dare vita a un Gruppo che vuole essere espressione della cultura del bere d’eccellenza, oltre che simbolo dell’arte di vivere italiana. La grappa Segnana, l’acqua Surgiva, i vini di Tenute Lunelli, prodotti in Trentino, Toscana e Umbria, il Prosecco Superiore Bisol1542, le creazioni culinarie di Locanda Margon e le bibite Tassoni sono eccellenze riconosciute in tutto il mondo e riflettono un modello di fare impresa votato all’innovazione e alla sostenibilità. Con Matteo Lunelli, Presidente e CEO di Ferrari Trento e CEO del Gruppo Lunelli, abbiamo parlato di digitale, di consumatori e di nuove tendenze, ricordando come il Ferrari Maximum Blanc de Blancs sia il Trentodoc con il quale si sono festeggiate a Casa Italia le numerose medaglie azzurre alle ultime Olimpiadi di Tokyo.

Il “new normal” può essere l’occasione di rafforzare il valore del Made in Italy all’estero?

Ogni crisi porta con sé un’accelerazione del cambiamento ed apre nuove opportunità. Il “new normal” ha portato in evidenza alcune tendenze che già si intravedevano prima della pandemia, in primis la digitalizzazione e l’attenzione alla sostenibilità.

La sfida della contemporaneità per il Made in Italy è decisiva e prioritaria e va affrontata utilizzando i canali digitali e toccando temi di interesse comune. Le aziende devono avere uno storytelling adeguato, diventare broadcaster di sé stesse, oltre che essere, naturalmente, produttrici di qualità.

Il lockdown e le successive restrizioni hanno cambiato anche le abitudini di consumo: le differenze fra il (vostro) cliente di ieri e quello di domani?

Nel mondo dei beni personali di lusso e di alta gamma, il consumatore del futuro sarà più giovane, più digitale, più attento all’etica e non solo all’estetica. E sarà anche più asiatico, perché in Asia si concentrerà, entro il 2025, il 50% degli acquisti in questo settore. Anche il consumatore americano diventerà sempre più importante, nonostante questo periodo di restrizioni agli spostamenti abbia dato grande impulso al mercato locale.

Un’immagine dei vigneti in cui si produce lo spumante Ferrari Trento

Siete un Gruppo multimarca: la capacità di migliorare la digital user experience dei consumatori farà la differenza?

Assolutamente sì. E non potrebbe essere altrimenti, visto e considerato che l’e-commerce costituirà circa il 30% del totale venduto dei beni di lusso nel 2025, rispetto al 23% registrato nel 2020. Inoltre, la passione per il vino scorre nel web e sui social media e la quasi totalità delle transazioni in futuro sarà in qualche modo “influenzata” dal digitale.

C’è una precisa ricetta per essere un punto riferimento per i Millennials e la Generazione Z?

Alle nuove generazioni ci si rivolge in modo diverso perché diverse sono le aspettative e le identificazioni, meno legate allo status symbol e più vicine ai concetti di etica e di sostenibilità. Ci interfacciamo con consumatori dinamici, molto informati, che vanno in profondità e sono interessati al portato valoriale del marchio.

I social media hanno un ruolo fondamentale ed hanno cambiato la prospettiva in termini di contenuti, linguaggi e riconoscimento degli opinion leader. Sempre di più da un’azienda di Altagamma ci si attende non solo un prodotto di eccellenza ma un comportamento eccellente a 360 gradi rispetto a tutti i propri stakeholder oltre che una forte attenzione all’ambiente.

Mi fa tre esempi per descrivere la trasformazione digitale in atto nella vostra azienda?

La sfida è a più livelli: nell’area produttiva, nella comunicazione, nelle vendite e nella capacità di prevedere gli andamenti del mercato. Noi la viviamo a 360 gradi, dalle nuove tecnologie che arrivano nella gestione delle campagne alle logiche di Industria 4.0 per i processi di imbottigliamento, dal modo di collaborare dei nostri team, che riflette il modello dello smart working, a quello di raccontare il mondo del vino e la passione per il vino, che oggi non può non passare dal web e dal digitale. Dovendo rispondere con tre esempi dico Internet-delle-cose, CRM ed e-commerce.

Il rapporto di Gruppo Lunelli con l’innovazione? Siamo un’azienda tradizionale, ma la tecnologia ci aiuta a essere migliori, nei vigneti come in cantina e sul mercato. Il nostro obiettivo è continuare ad innovare, nel rispetto della tradizione. La tecnologia cambia il modo di essere brand, perché le nuove generazioni sono molto più attente a giudicare la reputazione e l’omnicanalità diventa per questo un elemento decisivo, coniugando l’esperienza fisica delle visite in cantina con l’esperienza digitale e online.

Come cambierà secondo lei il settore del beverage nei prossimi cinque anni?

Abbiamo avuto un momento di disruption non voluto e non ce ne auguriamo altri. Ma la velocità del cambiamento e l’accelerazione dei trend è tale che lo scenario muterà ancora, premiando chi ha avuto lungimiranza nel dare continuità agli investimenti, soprattutto in ambito tecnologico. Sostenibilità e digitalizzazione, nel settore del vino, saranno elementi duraturi e con i quali tutte le aziende dovranno confrontarsi: nel lungo periodo diventerà sempre più importante il tema del climate change, sia a livello di società globale che di singole aziende. Serve ripensare il modo di produrre attraverso la raccolta dei dati in tempo reale, sfruttando tutti gli strumenti che la tecnologia può offrire come il monitoraggio dei terreni con i droni o la mappatura dello stato di salute dei vigneti con i sensori. In un’ottica di agricoltura di precisione, abbiamo già ottimizzato, in collaborazione con la startup trentina Bluetentacles, il sistema di irrigazione per dosare l’utilizzo della risorsa idrica. E gestiamo i nostri 600 conferenti di uve in Trentino tramite software cartografico.

Un’ultima domanda: perché il Gruppo Lunelli può essere considerato un trailblazer?

Credo di poter dire che siamo pionieri da sempre. Giulio Ferrari, il fondatore delle nostre Cantine, fu il primo a portare in Italia lo Chardonnay e ad intuire la vocazione del Trentino per la creazione di bollicine di eccellenza. L’etichetta Giulio Ferrari è stata la prima bollicina italiana ad arrivare sul mercato con molti anni di affinamento; come Lunelli siamo stati i primi produttori di vino ad entrare anche nel mondo delle acque minerali e come Ferrari Trento, il primo marchio italiano a crescere oltreconfine nel settore delle bollicine di alta gamma. Inoltre siamo stati fra i primi produttori di vino a sperimentare modalità innovative di comunicazione, che spaziavano in mondi diversi come quello dello sport, dello spettacolo e delle istituzioni, arrivando a consolidare il ruolo di Ferrari Trento come “brindisi degli Italiani” per eccellenza.

Vuoi saperne di più sulle strategie di innovazione dei nostri trailblazer? Leggi le loro storie nella sezione “CEOs Conversations”!

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