Innovazione a prova di Millennial: Gruppo Montenegro cresce nel mondo con la forza delle persone e la fiducia dei clienti



Abbiamo intervistato Marco Ferrari, Amministratore Delegato di Gruppo Montenegro, il quale ci ha raccontato come il brand ha saputo adattarsi al nuovo contesto socioeconomico imposto dalla pandemia, anche grazie a un processo di trasformazione digitale basato sull'utilizzo dei dati.
Difficile trovare qualcuno, in età adulta, che non conosca l’Amaro Montenegro. Pochi magari sanno che Montenegro è un Gruppo che opera nel mercato delle bevande alcoliche e del food in oltre 70 Paesi del mondo. Molti i marchi iconici: Vecchia Romagna, Aperitivo Select, Olio Cuore, gli infusi Bonomelli, le spezie Cannamela, Polenta Valsugana. L’azienda, nata nel 1885 per opera del giovane erborista Stanislao Cobianchi, continua a mantenere saldi i pilastri su cui fa leva da oltre 130 anni: la qualità dei prodotti e la loro sostenibilità, la capacità di rinnovarsi costantemente rimanendo fedele alle proprie radici, l’attenzione alle proprie persone e alla soddisfazione del cliente. Ad accompagnarmi nella scoperta dei “segreti” di Amaro Montenegro c’è l’Amministratore Delegato del Gruppo, Marco Ferrari.
Partiamo dal profilo e dalle abitudini del vostro cliente tipo: la pandemia, con la chiusura di bar e ristoranti, cosa ha cambiato?
Non credo che ci saranno dei cambiamenti sostanziali dei consumatori nei confronti del prodotto “spirits”. Nel periodo di lockdown sono aumentati i consumi casalinghi, siamo diventati chef e bartender e le soluzioni più semplici, come i cocktail “pronti all’uso”, hanno dimostrato maggiore potenziale di altre. È vero, quindi, che c’è maggiore interesse nel bere in casa ma due terzi del consumo è all’esterno e lo ha confermato anche l’ultima estate, fino alla nuova chiusura.
Secondo lo studio “State of the Connected Customer” di Salesforce, per il 92% dei consumatori italiani il comportamento di un’azienda durante una crisi rispecchia la propria affidabilità: concorda con questa tendenza?
Assolutamente sì. E sarà sempre più così, perché ci sono molti più strumenti per conoscere le aziende dal di dentro, per mettere a nudo l’identità di un marchio. Le crisi mettono a nudo l’identità delle aziende. Nel nostro caso, in questo periodo di crisi prolungata, il focus è stato sulle persone e sul ruolo sociale dell’impresa sul territorio ed è stato importante trasmettere fiducia attraverso azioni concrete. Sin dall’inizio della crisi sanitaria ci siamo preoccupati di mettere in sicurezza i dipendenti e di business continuity, ma abbiamo anche guardato ai nostri 150 agenti che con le attività chiuse non potevano vendere i nostri prodotti. A loro abbiamo garantito continuità nelle provvigioni indipendentemente dai fatturati generati.
Ci descrive in breve la trasformazione digitale in atto in Gruppo Montenegro?
È un progetto di cambiamento radicale, soprattutto per un’azienda come la nostra, con una forte impronta imprenditoriale. Il punto chiave è il change management, perché la trasformazione è innanzitutto di natura culturale e spazia dai processi organizzativi alla formazione. La valorizzazione del patrimonio informativo è un secondo importante aspetto: i dati sono un pilastro del percorso di crescita a lungo termine, soprattutto se usati in forma predittiva. E poi il concetto di “customer value”, che si articola in un customer journey condiviso sia a livello B2C che B2B. Infine l’agilità, la velocità e l’adattabilità dei processi decisionali, possibile solo con l’ausilio delle tecnologie digitali.
Come si vende l’Amaro Montenegro all’estero?
Il business internazionale pesava qualche anno fa per circa il 4% del fatturato a livello di Gruppo; oggi siamo al 30%, con un prezzo medio della bottiglia in Paesi come Regno Unito, Stati Uniti e Australia più che doppio rispetto a quello dello scaffale in Italia. Il segreto di questo successo? Facciamo tantissima brand education per raccontare molto il prodotto e le sue caratteristiche in master class interattive, con la stessa visual identity e lo stesso storytelling in ogni mercato. E puntiamo sul marketing esperienziale per indurre il consumatore ad assaggiarlo. Chi lo assaggia, spesso poi ritorna a comprarlo.

Uno dei brand del Gruppo Montenegro è proprio l’omonimo Amaro
Sul vostro sito si legge: “La tecnologia è una parte della nostra quotidianità, ma sono sempre le emozioni a guidarci….”. Ci spiega il concetto di “Human spirit”?
È la capacità di coniugare innovazione e costante attenzione alle persone, che sono una risorsa fondamentale, fermo restando che le tecnologie sono irrinunciabili per la crescita del capitale umano e per comunicare meglio con i consumatori. Porto l’esempio del ruolo dell’agente, che è profondamente cambiato, trasformandosi da soggetto deputato a prendere ordini a consulente personale e competente del trade.
A suo giudizio quali sono le principali future applicazioni del digitale nel settore del food&beverage, anche a livello di filiera, di supply chain e di produzione?
L’intelligenza artificiale è sicuramente una nuova frontiera, perché permette di adattare le strategie di marketing in real time e di analizzare i dati storici a fini predittivi per la pianificazione delle vendite e della produzione. A tendere diventeranno importanti anche gli strumenti di image recognition e di computer vision per il controllo e la selezione delle materie prime, mentre la blockchain potrà giocare un ruolo importante soprattutto per i prodotti food, per il tracciamento della loro supply chain. Più si è in grado di garantire il controllo totale della filiera più si è riconosciuti come brand affidabile e responsabile. E la sostenibilità, o meglio l’incapacità di essere un’azienda sostenibile, rischia di diventare un elemento di esclusione.
La ricetta per continuare a essere un punto di riferimento anche per i Millennials e della Generazione Z?
Tutte le generazioni sono guidate nelle loro scelte di consumo dalla qualità, concetto in perenne evoluzione ma che rimane sempre e comunque il principale driver in quasi tutti i settori. Per questo noi stiamo investendo molto su questo aspetto, a livello di produzione, di supply chain, nei servizi al consumatore, nella sostenibilità. Aggiungo una considerazione: il passaparola di una persona fidata è lo strumento migliore per dare continuità alla popolarità di un marchio e va stimolato con le nuove tecnologie, attraverso diversi touchpoint. Alla base di tutto rimane un concetto fondamentale: la fiducia.
Un’ultima domanda: cosa significa per Montenegro essere un trailblazer?
Essere pionieri è la sfida di tutti ma spesso è complicato. Noi proviamo a esserlo, ricordandoci che nel nostro Dna c’è l’impronta di un innovatore come Stanislao Cobianchi. Siamo un’azienda con 136 anni di storia che cerca di evolvere continuamente, mettendo sempre in discussione i paletti fissi.
Vuoi saperne di più sulle strategie digitali dei nostri trailblazer? Leggi le loro storie nella sezione “CEOs Conversations”!