Quando sostenibilità e tecnologia vanno a braccetto per fare business in modo sociale: l’esempio di Treedom
Con Federico Garcea, Founder e CEO di Treedom, scopriamo la storia di un’azienda che dal 2014 ci permette di scoprire come il connubio fra innovazione e sostenibilità, fra digitale ed etica, possa concretamente essere un modello per fare impresa.
È una piattaforma di e-commerce con oltre 100 persone in organico che consente a chiunque di “adottare” alberi a distanza in diversi Paesi del mondo, offrendo la possibilità di ricevere una foto e le coordinate GPS di ogni singola pianta, e seguire la storia del progetto al quale si è contribuito. Dalla sua fondazione, avvenuta nel 2010 a Firenze, sono più di tre milioni i nuovi alberi piantati direttamente da contadini locali in Africa, America Latina, Asia e Italia. Con Federico Garcea, Founder e CEO di Treedom, scopriamo la storia di un’azienda che dal 2014 ci permette di scoprire come il connubio fra innovazione e sostenibilità, fra digitale ed etica, possa concretamente essere un modello per fare impresa.
Da consulente finanziario a startupper ecosostenibile, da manager a “ecopreneur”: la sua è una storia di cambiamento esemplare. Ce la racconta?
La ricerca del lavoro ideale è stata la molla per cambiare. Con Treedom ho coronato un percorso di cambiamento che posso considerare come il frutto delle competenze e delle esperienze maturate in precedenza. La passione per l’ambiente, la voglia di mettermi in gioco e di collaborare con gli altri: ci sono tanti elementi che convergono in questo percorso, compresa la voglia di cavalcare il digitale giocando a FarmVille (browser game, sviluppato dalla software-house californiana Zynga, ndr) investendo qualche dollaro per abbellire la mia fattoria. La mia è una storia di perseveranza e di costanza, sicuramente di testardaggine ma soprattutto di convinzione che il lavoro di team è sempre fondamentale per superare i momenti di difficoltà e portare avanti la missione aziendale, oltre che per trovare in modo continuativo nuove opportunità di business.
Una delle piantagioni di alberi nate grazie all’attività di Treedom
Molti indicatori ci dicono che l’ecosistema delle startup italiano gode di buona salute, probabilmente migliore rispetto a quando è nata Treedom. Cosa ne pensa?
Il nostro modello di business è stato sicuramente influenzato dalla situazione che vivevamo nel 2010, quando la facilità di reperire capitali era ridotta, tanto che fino al 2014, quando abbiamo ricevuto un solo “grant” da 500mila dollari dalla Bill Gates Foundation, per cui abbiamo avuto un percorso di crescita piuttosto lento. In quel periodo era molto complicato raccogliere finanziamenti in Italia, poi progressivamente il sistema è cresciuto, seppur mantenendo un approccio “nostrano” che vede gli investimenti focalizzati al ritorno nell’immediato e non alla costruzione di una community che possa generare ritorni nel lungo periodo. Credo che gli startupper italiani, in genere, abbiano un difetto: essere gelosi delle proprie idee ed essere poco propensi a condividerle, senza rendersi conto che la fase di execution del progetto costituisce il 90% del successo di una startup.
Spesso organizzazioni come la vostra sono ONG, Treedom ha scelto invece una strada diversa: si può fare business in modo sociale, responsabile ed etico?
In Europa ci sono circa 50 progetti simili al nostro e danno vita a un ecosistema competitivo in cui alcune realtà puntano al mercato B2B, sicuramente più pronto rispetto a quello consumer. Il tema dell’ambiente, dieci anni fa, era però agli albori e di nicchia: l’evoluzione del mercato della sostenibilità green è arrivata dopo, anche grazie alla spinta esercitata dall’azione di figure come Greta Thunberg. Noi siamo stati fra le prime aziende in Europa a diventate una B (Benefit) Corporation: eravamo indecisi se intraprendere il nostro cammino come ONG o come azienda, abbiamo scelto la seconda per crescere più velocemente e impattare più rapidamente sull’ambiente. Tutte le aziende possono però essere un veicolo di sostenibilità ambientale e non solo generatori di profitto, l’importante è che le iniziative messe in campo siano serie e trasparenti sulla carbon footprint.
Dalla fondazione di Treedom sono più di tre milioni i nuovi alberi piantati direttamente da contadini locali in giro per il mondo
Gli obiettivi “zero emissioni” entro il 2030 o 2050 sono realmente raggiungibili? Quante dei progetti aziendali in tema di sostenibilità sono azioni di “green washing”?
I casi di green washing, purtroppo, non sono mancati: personalmente sono dell’idea che il modello introdotto dal protocollo di Kyoto ha fallito, perché le aziende non hanno recepito le indicazioni contenute in quel programma ma si sono sentite sensibilizzate da un movimento dal basso. È diventata una questione di business perché sulla sostenibilità ci si gioca la credibilità con il proprio target di consumatori, e non a caso nove aziende su dieci oggi sono sensibili al tema della sostenibilità.
Oggi qualsiasi tipo di azienda deve pensare “in digitale” se vuole avere una chance. Voi siete nati digitali anche se fate “cose” estremamente fisiche. Come nasce il rapporto con Salesforce?
Nasce dalla consapevolezza di dover capire meglio le esigenze dei nostri clienti e creare engagement attraverso dei touchpoint ricorrenti e facili da utilizzare, di avere a disposizione strumenti di marketing automation per gestire in modo ottimizzato le campagne e aumentare il valore degli utenti, fidelizzandoli in una chiave di lungo termine. C’è quindi anche una motivazione molto operativa: oggi noi abbiamo 25 professionisti della vendita e di 1,2 milioni di contatti presenti nel database. Numeri che rendono necessario affidarsi a una piattaforma tecnologica all’avanguardia.
Salesforce vi sta accompagnando anche nella vostra crescita a livello internazionale?
Assolutamente sì. Vogliamo diventare leader europei nella piantumazioni di alberi ed essere un punto di riferimento nel mondo ambientale. Se diventeremo una data driven company? Non esattamente. Siamo sin dall’inizio una sales driven company ed è indubbio che abbiamo un vantaggio competitivo rispetto ad altri operatori perché disponiamo di una piattaforma che ci permette di costruire un’esperienza digitale in un’ottica product driven. Abbiamo creato la “tree diary”, la nostra filosofia di customer experience, ed è su questo punto che abbiamo lavorato e stiamo lavorando con Salesforce per continuare a seguire e a servire il nostro cliente/utente nel tempo.
Treedom si considera un trailblazer, un apripista? E perché?
Siamo stati i primi a digitalizzare, grazie al canale online, l’attività di piantumazione degli alberi a terra a distanza e a utilizzare in modo progettuale e strutturato la tecnologia per contribuire al processo di sviluppo in Paesi lontani, misurando gli impatti delle attività svolte, e il loro ritorno sociale.
Vuoi saperne di più sulle strategie di innovazione dei nostri trailblazer? Leggi le loro storie nella sezione “CEOs Conversation”!